Vinicio Capossela: recensione del concerto di Roma, Auditorium della Conciliazione, 13 ottobre 2023

Scritto da il 19 Ottobre 2023

Con i tasti che ci abbiamo – 13 canzoni urgenti

Vinicio Capossela

Roma, Auditorium della Conciliazione, 13 Ottobre 2023

Recensione concerto

“Quando la politica diventa spettacolo allora lo spettacolo deve diventare politica civile”.

È con questa dichiarazione d’intenti che si apre la prima delle due date romane di Vinicio Capossela all’Auditorium della Conciliazione per il tour Con i tasti che ci abbiamo – 13 Canzoni urgenti.

Ed è proprio onorando questo presupposto che tra pianoforte e chitarra acustica, cambi di cappello e una fisarmonica, si dipana il suo spettacolo di teatro canzone, dove tutto è orchestrato a puntino, ogni parola è misurata, carica di significato, sintetica e inequivocabile, senza estetiche verbosità accessorie.

All’ombra di un’enorme luna appesa sulla testa, Vinicio fa luce sui crateri della terra e i guasti di noi che l’abitiamo, costruendo una narrazione colta e al contempo popolare. Al gran convivio chiama tutti a raccolta: Sergio Leone, Pasolini, Ariosto, Cristoforo Colombo, il barone di Munchausen, cita Frankenstein Junior e C’era una volta in America, saluta Vincenzo Mollica e lancia un applauso per Mimmo Lucano.

E dopo l’applauso chiama i fischi, lui dal palco, a cui si unisce la platea festante “S’ode a destra uno squillo di tromba -A sinistra risponde uno squillo”. Anche questo contribuisce a fare di lui un intellettuale vicino, popolare appunto, con vestiti comuni, analisi illuminanti e apologie politiche prive di palchetto o piedistallo. Ospite della serata è Margherita Vicario, voce femminile nel duetto La cattiva educazione, brano riguardante la violenza sulle donne a lei affidato anche nell’album.

Sono canzoni urgenti nel vero senso della parola, tematiche attuali, pesanti, taglienti, che Vinicio riesce a maneggiare con la cura e la “delicatezza grave” che contraddistingue chi ha già masticato il dramma e con lucidità lo risputa. Sono canzoni polimorfe, vestite con cura e trattate con i guanti da un’orchestrina di fuoriclasse che non è mai scenografia o colonna sonora bensì corpo della scena anche grazie ai continui sguardi, rimandi e ringraziamenti che il mattatore indirizza loro: Andrea Lamacchia al contrabbasso, Piero Perelli alla batteria, Alessandro “Asso” Stefana alla chitarra, Michele Vignali ai fiati, Raffaele Tiseo al violino (coautore inoltre di alcuni brani e arrangiatore dello spettacolo) e Daniela Savoldi al violoncello e ai cori (in scena voce femminile anche in Staffette in bicicletta, nell’album condivisa con Mara Redeghieri).

Dopo un corpus solido e intenso, dopo la riflessione, arriva il divertimento e quindi la festa: una carrellata di canzoni che il pubblico di appassionati sa che prima o poi li travolgerà, incalza il beat e la luna che prima lo guardava dall’alto giudicante e immobile, comincia ad oscillare sul palco trascinata da Vinicio come in un passo a due. E l’orchestrina diventa banda, il palco tendone da circo e le luci di scena si scaldano virando dal blu all’arancio.

Siamo ormai all’epilogo, all’ennesimo bis, e quasi per la mano ci ritroviamo condotti di nuovo in testa allo spettacolo, a scoprire quale intuizione sia dietro al suo titolo. Rientra in scena tirando fuori dalle tasche come fossero monete sovradimensionate, cinque tasti di legno divelti da un vecchio pianoforte, le cinque note necessarie alla composizione di Con i tasti che ci abbiamo, dove il limite si fa possibilità e si compie in una canzone, quella che chiude l’album e lo spettacolo.

Un inchino e saluta il pubblico trafitto dai tasti di quel vecchio pianoforte come fossero frecce, restituendo ai fari della ribalta un ultimo quadro, il suo San Sebastiano col cappello.

 

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